È stato appena pubblicato dalla rivista scientifica International Journal of Molecular Sciences un articolo intitolato “The in vitro effects of enzymatic digested gliadin on the functionality of the autophagy process” che per la prima volta descrive il coinvolgimento del processo autofagico della cellula nel contesto della celiachia, una patologia caratterizzata da infiammazione cronica dell’intestino tenue, scatenata dall’ingestione di glutine in soggetti geneticamente predisposti.

Un recente rapporto del Ministero della Salute riporta che la malattia celiachia è una delle patologie croniche più frequenti, interessando circa l’1% della popolazione, sia in Italia e che nel mondo; numericamente, solo nel 2016, il totale delle nuove diagnosi in Italia è stato di 15.569, oltre 5.000 in più rispetto all’anno precedente.

Nello specifico, il lavoro firmato da Federico Manai e dal gruppo di ricerca del Dipartimento di Biologia e Biotecnologie dell’Università di Pavia, coordinato da Sergio Comincini e in collaborazione con Mauro Bozzola del Dipartimento di Medicina Interna e Terapia Medica dello stesso Ateneo, dimostra come, in un modello cellulare che mima la struttura dell’epitelio intestinale umano, la componente citotossica della gliadina possa essere significativamente ridotta modulando farmacologicamente il processo autofagico della cellula. L’attivazione indotta dell’autofagia indurrebbe quindi un processo degradativo delle proteine gliadiniche, contenute nel glutine e intolleranti per il celiaco, riducendo quindi potenzialmente la risposta patologica pro-infiammatoria che nei pazienti porta inevitabilmente alla degenerazione dei villi intestinali e alla manifestazione di altre comorbidità patologiche.

Gli autori dello studio, finanziato dal Ministero della Ricerca Scientifica (PRIN 2015), sottolineano tuttavia che questi promettenti risultati preliminari dovranno essere ulteriormente approfonditi in successivi modelli sperimentali sempre più prossimi alla fisio-patologia intestinale del paziente celiaco. Se quindi confermati nella loro ipotesi sperimentale e nella valenza della strategia farmacologica, che vede come bersaglio molecolare il processo degradativo autofagico della cellula, potenziando infine l’azione dell’intestino nella difesa dagli effetti nocivi del glutine, questi studi potranno costituire delle nuove basi scientifiche per impostare procedure adiuvanti alla dieta priva di glutine (gluten-free). Il regime forzoso della dieta gluten-free, ad oggi l’opzione terapeutica per la malattia celiaca da condurre perennemente, presenta tuttavia un impatto rilevante da un punto di vista economico e comportamentale per il paziente e, in taluni casi, oltre alla riduzione del normale apporto nutrizionale, tale dieta può risultare relativamente meno efficace nella riduzione della sintomatologia celiaca.

L’articolo è già scaricabile in open access al link http://www.mdpi.com/1422-0067/19/2/635