Relativamente alle indagini sulla morte di Giulio Regeni e all’incarcerazione di Patrick Zaki e Ahmadreza Djalali, la prof.ssa Clelia Martignoni ha redatto questo appello.

Dopo gli orrori crudamente confermati in questi ultimi giorni dalla chiusura delle indagini da parte dei magistrati della Procura di Roma sulla morte di Giulio Regeni, in moltissimi desideriamo che l’Università si esprima. Come anche non crediamo che possa tacere per la liberazione di Patrick Zaki, né per la conferma della condanna a morte da parte dell’Iran (la notizia è di oggi) di Ahmadreza Djajali, medico, ricercatore e docente anche in Italia.

Non si ignora che l’estrema prudenza del governo, in particolare sui casi Regeni e Zaki (salvo il coraggio del Presidente della Camera) dipende da ragioni politiche ed economiche.
Ma un’istituzione come l’Università ha come primo impegno, o “missione”, la formazione e il benessere dei giovani, di giovani come Giulio Regeni e come Patrick Zaki, ed è svincolata da osservanze politiche. Il silenzio pubblico rischia di apparire acquiescenza o cessazione di responsabilità. Una posizione decisa dell’Università ai suoi vertici non avrà il potere di sciogliere politicamente i nodi, ma la comunità universitaria sente il bisogno che si esca da reticenze, che il Ministro si pronunci.

Tanti di noi hanno firmato petizioni su questi casi, e ancora ne firmeranno, ci sono stati articoli e gesti notevoli di grandi giornalisti, e, anche grazie alla stampa e ai media, la sensibilizzazione media del paese è molto alta.

Ma pensiamo che l’Università in cui vogliamo riconoscerci, senza gerarchie, l’insieme delle Università, i suoi organi, le varie Associazioni, la CRUI, il Ministro dovrebbero senza esitazioni prendersi a carico il problema dei diritti umani e civili intollerabilmente offesi. Una presa a carico che non sia elitaria, o “accademica”, ma che arrivi a tutti, che esprima lo spirito civile, democratico e pubblico della prima “missione” che all’Università compete: la centralità dei giovani, dunque del futuro del paese, la cura della loro formazione, la tutela dei loro diritti.

L’Università non è un corpo separato del paese, né tantomeno è l’insieme dei complicati meccanismi che ne regolano la “produzione” e la buona riuscita: ranking e posizionamento nelle classifiche nazionali e internazionali, “impact factor”, citazioni su Google Scholar, schede SUA, RAD, ma è prima di tutto, o potrebbe essere, pur nel mondo globale di oggi, una comunità di persone coesa da istanze primarie e reciproche: apprendimento-insegnamento, efficacia e buon funzionamento, e questo nelle sue varie e molteplici componenti: studenti, docenti, personale tecnico-amministrativo, e anche una vasta e preoccupata popolazione di famiglie. L’Università ai suoi vertici può farsi sentire vicina al dolore, all’indignazione, alle emozioni collettive, battendosi contro soprusi intollerabili che ledono la libertà di pensiero e i primi diritti umani e civili.

Il Rettore dell’Università di Pavia, Francesco Svelto, si è fatto carico di segnalare presso la CRUI – Conferenza dei Rettori delle Università Italiane l’importanza di un’azione del sistema universitario per stabilire la verità sul caso Regeni e per chiedere la liberazione di Ahmadreza Djalali e Patrick Zaki, confermando così la linea dell’Ateneo pavese che aveva sottoscritto il 19 marzo l’appello di “Scholars at Risk” proprio a favore dello studente egiziano.

Di tale sottoscrizione aveva dato notizia anche la «Provincia Pavese» nell’articolo che riportiamo di seguito: Articolo «Provincia Pavese» 21.03.2020

Nella riunione di giovedì 17 dicembre 2020 la CRUI ha accolto l’indicazione del Rettore, Francesco Svelto, e si è impegnata a coinvolgere il sistema universitario e a sensibilizzare autorità e opinione pubblica a favore di Patrick Zaki e Ahmadreza Djalali e del caso Regeni.

Anche la prof.ssa Antonella Forlino – Prorettrice all’Internazionalizzazione dell’Università di Pavia – ha condiviso l’invito da parte del network “Scholars at Risk” per fermare l’esecuzione dello studioso iraniano, Ahmadreza Djalali, dichiarando: “La notizia dell’imminente esecuzione del nostro collega iraniano Ahmadreza Djalali ci ha sconvolti e come libero Ateneo siamo vicini a lui e alla sua famiglia. Ci auguriamo che il nostro appello per il suo immediato rilascio non rimanga inascoltato.”

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Iran: interrompere l’esecuzione e rilasciare Ahmadreza Djalali, studioso di medicina dei disastri

Scholars at Risks – Italia per Patrick George Zaki

25 gennaio – 3 anni senza Giulio

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