Si è svolta nella prima metà di ottobre la prima campagna di indagini archeologiche nel Lazio meridionale organizzata dall’insegnamento di Archeologia dell’Italia preromana dell’Università di Pavia, sotto la direzione del prof. Massimiliano Di Fazio.

In due settimane, un gruppo di studenti, guidato dalla dottoranda Elena Marazzi, ha effettuato una serie di ricognizioni in due siti in provincia di Latina, dove è stata svolta una campagna di documentazione delle strutture murarie mediante rilievo da drone, fotogrammetria tridimensionale e riproduzione grafica digitale georiferita.

Il primo sito, nel territorio di Fondi, è un insediamento preromano da attribuire alle culture che popolavano la zona prima della conquista romana (Volsci? Aurunci?). Spicca l’imponente cinta muraria, estesa per centinaia di metri, costruita con blocchi di ragguardevoli dimensioni (alcuni arrivano a 4-5 tonnellate). L’insediamento, ad oggi senza confronti nel panorama del Lazio meridionale costiero, ha un significativo potenziale scientifico, perché potrebbe aiutarci a comprendere la storia delle comunità che vivevano in questo territorio prima della ‘romanizzazione’. Il sito, peraltro, regala un panorama suggestivo che spazia da Terracina e il Circeo da un lato e Sperlonga dall’altro, con le isole Pontine sullo sfondo, in un paesaggio di memoria odissiaca.

Il secondo complesso, nel territorio di Itri, è un santuario di età tardo-repubblicana con una poderosa sostruzione in opera poligonale e un basamento imponente, che ha restituito tra l’altro un interessante gruzzolo di monete di zecche campane datate tra IV e III secolo a.C., importanti nel quadro delle ricerche di carattere economico sulla regione e al momento in corso di studio.

Le indagini, ancora di carattere preliminare, si sono svolte di concerto con la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le province di Frosinone e Latina e sono state condotte in proficua collaborazione con il Laboratorio di Archeologia dei Paesaggi dell’Università di Siena, diretto dal prof. Franco Cambi, tramite l’Associazione Archeologia Diffusa, guidata dai dottori Edoardo Vanni e Federico Saccoccio.

La felice collaborazione ha permesso la condivisione di idee, metodi, strumentazioni tecnologiche e verrà riproposta nei prossimi anni con la prosecuzione delle indagini.

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