Una recente agenda programmatica1 ha suggerito che gli interventi psicologici del futuro si debbano basare sulla possibilità di traslare in clinica i risultati delle ricerche sperimentali. Un gruppo di interventi chiamato ‘cognitive bias modification’ ovvero modifica degli errori cognitivi è un esempio paradigmatico di questa nuova linea di ricerca, infatti, diversamente dalle psicoterapie tradizionali, il cognitive bias modification si basa su compiti somministrati attraverso un computer (anche online) durante brevi sedute terapeutiche. (English below)
In un recente lavoro pubblicato nella prestigiosa rivista «The Lancet Psychiatry»2, Ioana Alina Cristea, ricercatore del Dipartimento di Scienze del Sistema Nervoso e del Comportamento dell’Università di Pavia, insieme a un gruppo internazionale che comprendeva Romania, Olanda e Giappone ha ‘messo alla prova’ il cognitive bias modification. Cristea e collaboratori hanno condotto una revisione sistematica della letteratura su tutti gli studi clinici controllati che usano tecniche riconducibili al cognitive bias modification per trattare individui affetti da ansia o depressione. Hanno poi utilizzato uno strumento statistico chiamato network meta-analysis per identificare quali tipi di cognitive bias modification fossero più promettenti nel ridurre i sintomi ansiosi e depressivi. Analizzando 85 studi per un totale di 5.013 partecipanti reclutati i ricercatori hanno identificato che il cosiddetto interpretation bias modification, che allena i pazienti a risolvere l’interpretazione di situazioni ambigue in senso neutro o positivo piuttosto che in senso negativo, ha un effetto significativo, ancorché modesto, nel ridurre la sintomatologia ansiosa.
Questa scoperta ha implicazioni operative fondamentali. Innanzitutto, porta la ricerca un passo avanti nella direzione della agenda programmatica: identifica infatti un candidato promettente per la traslazione dalla ricerca sperimentale alla clinica, che dovrà ora essere testato in studi clinici più ampi e controllati. Inoltre, come è stato anche sottolineato nel commento di accompagnamento al lavoro, sempre pubblicato in Lancet Psychiatry3, lo studio dimostra come, nella maggior parte dei casi, gli approcci di cognitive bias modification siano ancora dei prototipi appena usciti dal laboratorio: sebbene ingegnerizzare nuovi trattamenti psicologici, non diversamente dall’ingegnerizzare nuovi farmaci sia una prospettiva eccitante, la strada che porta ad una diffusione della pratica clinica è ancora lunga.
1 https://www.thelancet.com/commissions/psychological-therapies
2 https://www.thelancet.com/journals/lanpsy/article/PIIS2215-0366(20)30130-9/fulltext
3 https://www.thelancet.com/journals/lanpsy/article/PIIS2215-0366(20)30170-X/fulltext
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A recent programmatic research agenda1 proposed that the psychotherapies of the future should be the result of translating findings from experimental research. A family of varied interventions collectively labelled cognitive bias modification is a poster example. Unlike traditional psychotherapy, they consist of computer-based tasks delivered across brief sessions, often administered online.
In a recent publication in the «The Lancet Psychiatry»2, Ioana Alina Cristea, researcher at the Department of Brain and Behavioral Sciences of the University of Pavia, together with collaborators from Romania, The Netherlands and Japan, put cognitive bias modification to the test. The group systematically reviewed the existent literature and collected all clinical trials using a treatment from this group for individuals with anxiety or depression. They then employed a statistical procedure called network meta-analysis to identify which forms of cognitive bias modification showed more potential in reducing symptoms of anxiety and depression. Across a total of 85 studies totalizing 5013 participants, they identified interpretation bias modification, which trains participants to resolve situational ambiguity by favoring neutral or positive framing, as modestly effective for individuals with anxiety disorders.
The implications of the results are manifold. On one hand, they bring us one a step closer to successful clinical translation, by identifying a promising candidate to be further evaluated in a large, high-quality clinical trial. On the other, as delineated in an accompanying invited comment in the Lancet Psychiatry3, the findings demonstrate that most cognitive bias modification approaches developed out of laboratory findings are still prototypes. Though engineering new psychological treatments in the laboratory, similarly to drugs, is an exciting prospect, it still has a long way to go before penetrating clinical practice.
1 https://www.thelancet.com/commissions/psychological-therapies
2 https://www.thelancet.com/journals/lanpsy/article/PIIS2215-0366(20)30130-9/fulltext
3 https://www.thelancet.com/journals/lanpsy/article/PIIS2215-0366(20)30170-X/fulltext