Grazie al generoso contributo della Fondazione Banca del Monte di Lombardia, è partito un progetto in collaborazione tra il laboratorio di virologia molecolare dell’Istituto di Genetica Molecolare “Luigi Luca Cavalli-Sforza” del CNR di Pavia, diretto dal Dr. Giovanni Maga, e il laboratorio di genomica e biotecnolgie di insetti di interesse agrario e sanitario del Prof. Giuliano Gasperi e della Prof.ssa Anna Malacrida presso il Dipartimento di Biologia e Biotecnologie “L. Spallanzani” dell’Università di Pavia, volto allo sviluppo di una nuova strategia per combattere le malattie virali trasmesse dalle zanzare.
La zanzara tigre Ae. albopictus, di origine asiatica, è ormai diffusa nel bacino del Mediterraneo, Italia compresa. Questa zanzara è un vettore di molti agenti virali tra cui Dengue, Zika, Chikungunya. Ogni anno si registrano in Italia oltre un centinaio di casi di infezioni da questi virus, importate a seguito di turismo e persone da zone dove questi virus circolano costantemente. Su queste basi la presenza ad elevata densità della zanzara tigre sul nostro territorio, comporta il rischio di possibili focolai epidemici, come quello di Chikungunya registrato in Emilia Romagna nel 2007 ed in Lazio nel 2017 con casi mortali. Al momento non esistono terapie specifiche per queste infezioni e la strategia più efficace per prevenirle rimane il controllo delle popolazioni di insetti vettori.
Il laboratorio del Dr. Maga ha dimostrato che inibendo un enzima cellulare umano, usato da molti virus per replicarsi nella cellula, è possibile bloccare l’infezione di numerosi virus, tra cui quelli trasmessi dalla zanzara tigre. Grazie alla collaborazione con laboratorio dei Proff. Gasperi e Malacrida, è stato possibile dimostrare l’esistenza di un analogo enzima anche in Aedes albopictus. Di qui l’idea alla base del progetto: generare zanzare modificate geneticamente, in cui questo enzima sia permanentemente inattivato, rendendo così gli insetti incapaci di trasmettere i virus.
Si tratta di un progetto ambizioso e che certamente richiederà molti studi e verifiche, ma che allo stesso tempo potrebbe offrire nuove strategie per combattere le arbovirosi.