Giovedì 12 aprile 2018, alle ore 21.00, presso il Collegio Nuovo Fondazione Sandra e Enea Mattei di Pavia (Via Abbiategrasso, 404), si terrà l’incontro “L’appartenenza” con Donatella Di Pietrantonio, autrice di “L’Arminuta” (Einaudi), Premio Campiello 2017; “Bella mia” (Elliot), Premio Brancati 2014; “Mia madre è un fiume” (Elliot), Premio Letterario Tropea 2011.
L’incontro è condotto da Anna Modena (Università di Pavia).
«Ero l’Arminuta, la ritornata. Parlavo un’altra lingua e non sapevo piú a chi appartenere. […] – Non mi potevi venire a riprendere? – ho chiesto debolmente. – Adalgisa non t’avrebbe ridata, ti stava già ad allevare come diceva essa. Mi sono seduta per terra, con il mento sulle ginocchia. Gli occhi mi bruciavano nello sforzo di contenere le lacrime. Lei è rimasta in piedi, con il cesto appeso a un braccio. Doveva essere mezzogiorno, sudava in silenzio. Non è riuscita a muovere quell’unico passo che ci separava dalla consolazione»
(Donatella Di Pietrantonio, L’Arminuta, Einaudi 2017)
Arriva al Collegio Nuovo Donatella Di Pietrantonio, con l’esperienza e il successo di tre libri scritti nelle ore dell’alba, prima di esercitare la sua professione di odontoiatra pediatrico a Penne. Ha esordito poco prima dei 50 anni con Mia madre è un fiume (Eliott), ha scritto un meraviglioso romanzo ambientato nell’Aquila dopo il terremoto (il titolo Bella mia rimanda a una canzone popolare), oggi il suo ultimo romanzo, L’Arminuta, vincitore della scorsa edizione del Campiello, è in corso di traduzione in oltre una decina di Paesi: una bella sfida rendere una scrittura tutta “affidata ai sensi” e in parte con un dialetto “ingentilito”, come dice lei, una scrittura su cui ci si soffermerà grazie anche alla conduzione dell’incontro di Anna Modena, italianista e conoscitrice di generi e modelli della letteratura italiana contemporanea, che per anni ha insegnato all’Università di Pavia.
Il romanzo, del quale l’autrice è tentata di scrivere un “sequel”, diventerà presto anche un film con la regia di Giuseppe Bonito: alla sceneggiatura, affidata a Monica Zappelli, vincitrice del Nastro d’Argento per I cento passi di Marco Tullio Giordana, collaborerà la stessa Di Pietrantonio.
Autrice di “terribili versi” a sette anni, confessa, ha sempre coltivato il sogno, poi il progetto, della scrittura, che ruota intorno al tema della maternità e della costruzione dell’identità anche come senso di appartenenza sia a un “chi” (Michela Murgia, a proposito dell’opera della scrittrice, ha sottolineato: “non puoi dire chi sei se non puoi dire di chi sei”) sia a un “dove” (nel suo caso, quell’Abruzzo che si impone come personaggio nascosto nei suoi libri, con le sue “terre dell’osso”, la montagna e le “terre della polpa”, il mare, quell’Abruzzo a cui Donatella Di Pietrantonio, cresciuta con l’opera di Ignazio Silone e che ha trovato una lingua tutta sua con la lettura di Agota Kristof, ha dedicato emozionata il suo Premio Campiello. Una emozione che si rinnova anche nella recente riedizione di Bella mia, dove l’autrice così parla della città dei suoi studi universitari, che sente un po’ sua: “Oggi L’Aquila è considerata il più grande cantiere d’Europa. […] L’amico che mi ha accompagnato nell’ultima visita ha detto: L’Aquila, novantanove chiese, novantanove piazze e novantanove gru. Abbiamo riso un po’ amaro. Ho chiesto se la gente tornerà, non mi ha risposto. Di quello che gli aquilani si portano dentro nessuno parla”.
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