È stato pubblicato su «Nature Medicine», una delle riviste scientifiche di maggiore impatto al mondo, il lavoro frutto di una collaborazione tra docenti e ricercatori di Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo di Pavia e Università di Pavia, Università di Trento, Università di Udine e Politecnico di Milano.

Lo studio porta la firma dei docenti dell’Università di Pavia Giuseppe De Nicolao (Dipartimento di Ingegneria industriale e dell’informazione) e Raffaele Bruno (Dipartimento di Scienze clinico-chirurgiche e Policlinico San Matteo), di giovani ricercatrici ingegneri e clinici, come Marta Colaneri, Alessandro Di Filippo, e Paolo Sacchi del Policlinico San Matteo di Pavia; Giulia Giordano dell’Università di Trento; Franco Blanchini dell’Università di Udine; Paolo Bolzern e Patrizio Colaneri del Politecnico di Milano.

Già a inizio pandemia, alcuni di questi ricercatori avevano utilizzato un modello matematico per predire l’evoluzione dell’epidemia COVID-19 e fornire uno strumento che consentisse di valutare le differenti strategie da adottare per contenere la diffusione dell’infezione; compresi il distanziamento sociale, i test e la tracciabilità dei contatti.

Il modello, collettivamente definito SIDARTHE, considerava otto stadi di infezione:

– S, sensibile (non infetto)

– I, infetto (asintomatico o infetto pauci-sintomatico, non rilevato)

– D, diagnosticato (asintomatico infetto, rilevato)

– A, malato (sintomatico infetto, non rilevato)

– R, riconosciuto (sintomatico infetto, rilevato)

– T, minacciato (infetto da sintomi potenzialmente letali, rilevato)

– H, guarito (recuperato)

– E, estinto (morto)

Dopo che la seconda ondata pandemica ha nuovamente colpito gravemente l’Italia con un elevato tasso di mortalità, il modello è stato ampliato per prevedere l’impatto della campagna di vaccinazione sulla futura evoluzione dell’epidemia, tenendo conto delle diverse misure di contenimento che impongono precauzioni e regole di distanziamento sociale (NPI-Non Pharmacological Interventions) e delle nuove varianti di SARS-CoV-2, le cosiddette variants of concern.

Per valutare quantitativamente i possibili scenari, il precedente modello epidemiologico pubblicato su «Nature Medicine» nell’aprile 2020 è stato completato con un nuovo modello dei costi sanitari, che è stato calibrato sui dati della seconda ondata e tiene conto della letalità della malattia nei soggetti non ancora vaccinati.

“Anche se la vaccinazione di massa è iniziata, è cruciale mantenere le misure di contenimento fino al raggiungimento di una sufficiente immunità della popolazione. Questo, in parte, a causa della circolazione di varianti altamente trasmissibili della SARS-CoV-2 – commentano i ricercatori -. La futura evoluzione dell’epidemia dipenderà dalle misure effettivamente adottate e dalla velocità di vaccinazione, così come dalla possibile comparsa di altre varianti”.

In particolare, l’articolo stima che se venissero allentate immediatamente le misure contenimento, le campagna di vaccinazioni, per quanto rapida, non sarebbe in grado di evitare altri 50.000 morti che salirebbero a 90.000, se la campagna di vaccinazione risultasse più lenta. Tali numeri verrebbero più che dimezzati se si ottimizzasse la tempistica delle misure di contenimento.

“I nostri risultati – concludono gli autori dello studio – mostrano anche l’efficacia dell’azione preventiva: quando si alternano intervalli di chiusura/apertura, se, invece di partire con un periodo di apertura, si partisse con un periodo di chiusura, si risparmierebbero decine di migliaia di vite e si ridurrebbero drasticamente i costi sanitari. Dato che si tratta solo di scambiare l’ordine dei periodi di chiusura e apertura e non la loro durata, tali risparmi avverrebbero senza nessun aggravio dei costi socioeconomici”.

[Image by Gerd Altmann from Pixabay]
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