A pochi giorni dall’inizio della pandemia, i medici del San Matteo avevano capito che il virus non interessava soltanto i polmoni, ma che potevano verificarsi anche delle miocarditi. La conferma arriva quando un giovane sedicenne si presenta al pronto soccorso lamentando forti dolori al petto e al braccio sinistro.

È la mattina del 1 marzo; il giorno precedente il ragazzo aveva avuto febbre alta, poi regredita dopo assunzione di antipiretico ma nessun altro sintomo, nessuna anamnesi significativa e apparentemente nessun contatto con soggetti positivi al Covid-19.

“In ospedale i suoi segni vitali erano normali, a parte la temperatura, aumentata fino a 38,5°C, all’auscultazione del torace era tutto nei limiti e non aveva sintomi respiratori – spiega Massimiliano Gnecchi, cardiologo presso l’Unità Coronarica e responsabile del Laboratorio di Cardiologia Sperimentale del Policlinico San Matteo e Professore dell’Università di Pavia, che per primo ha valutato il paziente -. L’ECG era invece indicativo di danno cardiaco e la troponina elevata ha confermato il sospetto. Il paziente veniva trasferito in Unità Coronarica con sospetta diagnosi di miocardite acuta. Il dolore del paziente è gradualmente migliorato fino a scomparire dopo le terapie. I test virologici e immunologici eseguiti per escludere le cause più frequenti di miocardite sono risultati tutti negativi ma un tampone nasofaringeo per SARS-CoV-2 è risultato positivo. Si è quindi iniziata una terapia con idrossiclorochina e antivirale. Le misurazioni seriali della concentrazione di troponina hanno fatto registrare una graduale riduzione, i marcatori infiammatori sono tornati alla normalità e le anomalie all’ECG sono regredite. L’esecuzione di una risonanza magnetica ha confermato definitivamente la diagnosi di miocardite”.

Il dodicesimo giorno, dopo due test del tampone nasofaringeo negativi e in assenza di sintomatologia, il paziente è stato dimesso.

Il caso ha visto la collaborazione, oltre che dell’UTIC e della Cardiologia, anche del Pronto Soccorso, delle Malattie Infettive, del Laboratorio di Virologia e della Radiologia del San Matteo.

I medici che hanno seguito il caso hanno sottolineato che “gli aspetti singolari e importanti sono due: il primo è che questo paziente non ha mai avuto sintomi o segni, ad eccezione della febbre, riferibili a COVID-19. Niente tosse, niente difficoltà respiratorie, niente perdita di gusto e olfatto, niente diarrea. Questo ci conferma che il virus SARS-CoV-2 è in grado di attaccare e danneggiare il muscolo cardiaco indipendentemente dall’interessamento polmonare grave, come già era stato invece descritto. La seconda cosa che stupisce è la giovane età del paziente. Questo ci spinge a raccomandare che i pazienti, anche quelli pediatrici, che riferiscono dolore toracico e hanno altre caratteristiche suggestive di miocardite acuta – con o senza sintomi respiratori – dovrebbero eseguire da oggi anche il test per verificare o escludere l’infezione da SARS-CoV-2”.

“Per migliorare la nostra comprensione di come questo virus riesca a provocare il danno cardiaco e quindi poter migliorare le nostre capacità di curare questi pazienti – aggiunge Gnecchi – stiamo ora effettuando esperimenti utilizzando cardiomiciti derivati da cellule staminali pluripotenti. Il connubio tra ricerca clinica e di base ci aiuterà a superare questa emergenza”.

Il caso clinico è stato oggetto di una pubblicazione sulla prestigiosissima rivista scientifica «The Lancet».

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