Siamo sicuri che l’esperienza visiva sia l’unica via per apprendere la geografia? Uno studio realizzato dai ricercatori Daniele Gatti, Luca Rinaldi e Tomaso Vecchi del Dipartimento di Scienze del Sistema Nervoso e del Comportamento dell’Università di Pavia con Marco Marelli del Dipartimento di Psicologia dell’Università Milano Bicocca avanza un’ipotesi alternativa: è infatti possibile generare delle vere e proprie mappe geografiche solamente a partire dall’esperienza linguistica quindi senza l’ausilio di alcuna informazione visiva.

La ricerca è stata pubblicata sulla prestigiosa rivista internazionale «Psychological Science».

Fin dall’antichità gli uomini si sono serviti di carte geografiche e di mappe per orientarsi in mare e sulla terra ferma. Le carte geografiche sono delle rappresentazioni spaziali del mondo circostante e forniscono uno strumento ritenuto essenziale per l’apprendimento della geografia stessa durante il percorso scolastico.

I ricercatori hanno utilizzato delle tecniche recenti (word-embeddings) molto diffuse nel campo dell’Intelligenza Artificiale, con lo scopo di analizzare il linguaggio umano scritto (come, ad esempio, le pagine della più celebre enciclopedia online, Wikipedia).

Queste tecniche permettono di ottenere una comprensione automatica del significato di un testo, con risultati sorprendenti: nonostante questi modelli non abbiamo la minima intuizione del senso delle parole, riescono a inferirne il significato sulla base del loro uso nel linguaggio.

Nello studio si è innanzitutto dimostrato come il linguaggio scritto contenga delle vere e proprie mappe geografiche, ampiamente sovrapponibili alle carte geografiche reali. Successivamente, in una serie di esperimenti, si è chiesto a un campione di adulti di esprimere un giudizio geografico (quale città tra Milano e Bologna si trova più a Nord?).
Si è quindi osservato come questi stessi giudizi fossero più conformi alle mappe linguistiche piuttosto che a quelle reali: il tempo di reazione per rispondere a questi quesiti veniva predetto meglio dalla posizione spaziale inferita dal linguaggio piuttosto che dalle reali coordinate geografiche.

Nel complesso, questo lavoro suggerisce dunque come un’esperienza non-spaziale (quella linguistica) giocherebbe un ruolo fondamentale nell’apprendimento della geografia e nella formazione delle rappresentazioni spaziali.

Link all’articolo “Spatial Representations Without Spatial Computations”

[In apertura: una figura esplicativa con, a sinistra, la mappa reale raffigurante alcune città italiane e, a destra, la mappa estratta dal linguaggio]