Il Museo per la Storia dell’Università, aperto dalle 15.30 alle 19.00, offre un’anteprima curiosa alla “giornata del laureato”, manifestazione annuale dedicata ai neo laureati e alle loro famiglie per premiare i migliori sul campo. Nelle sale del museo riecheggeranno metaforicamente gli inni e le più colorite espressioni goliardiche, scandite dalla guida che, nel corso della visita alle sale aprirà delle brevi finestre su un fenomeno che trova le sue radici nel Medioevo: la goliardia.

Molti forse pensano che gli studenti equipaggiati di feluche colorate e mantelli decorati di medaglie e gagliardetti siano figli di epoche recenti, unitisi per dar vita a carnevalate per le vie cittadine e per liberare i piccoli allievi delle scuole superiori nel giorno dell’inaugurazione dell’anno accademico. La realtà è ben diversa. Antenati di questi frivoli studenti furono i clerici vagantes, una categoria di studenti sui generis, troppo poveri per frequentare le università medioevali, dediti al vagabondaggio intellettuale o al seguito del maestro preferito o alla ricerca dei professori più famosi. Spiriti ribelli, si opposero alle caste medievali, criticarono il clero e i nobili e vissero da anarchici libertini ridotti ai margini della società dell’epoca. Riunitisi in accademie nell’età moderna, con la partecipazione anche dei professori, iniziarono a utilizzare segni distintivi, quali spille, acconciature o particolari capi di abbigliamento. Il ritrovo era spesso un salotto o un caffè, che nel tempo assunse le caratteristiche del caffè letterario – tra i più noti il caffè Florian di Venezia e il Pedrocchi di Padova. Nel XIX secolo i gruppi studenteschi abbracciarono la causa risorgimentale, partecipando alle campagne per l’unità d’Italia: famoso il battaglione universitario che si distinse a Curtatone e Montanara. Fu proprio sul finire del secolo (1888) in occasione dell’ottavo centenario della fondazione dell’università felsinea che per la prima volta comparve il termine goliardia, adottato dal gruppo bolognese su invito di Giosuè Carducci, allora professore nell’antico ateneo. Sulla scia di quanto successo in altri paesi europei – Germania e Francia in primis – numerose delegazioni di studenti provenienti da tutti gli atenei italiani si unirono ai festeggiamenti bolognesi portando doni dal sapore goliardico. Gli studenti pavesi offrirono un’enorme forma di formaggio del peso di 70 chili istoriata con versi in latino maccheronico. Con l’aumento della popolazione studentesca nel corso del ventesimo secolo i goliardi uscirono dai caffè letterari e incominciarono a invadere le vie cittadine. Fino all’avvento del fascismo i gruppi studenteschi riuscirono a far convivere il momento ludico, fatto di carnevali goliardici, operette e manifestazioni giocose con l’impegno sociale testimoniato dai giornali satirici che prendevano di mira l’ordine costituito creando un momento di innovazione nei costumi dell’epoca. Cosa successe a Pavia? Cosa fu e cosa è il movimento goliardico locale? A questa e ad altre domande risponderà la nostra guida che alle 17,00 accompagnerà i visitatori per una visita “goliardica del museo”.

L’iniziativa è rivolta alla cittadinanza ed è gratuita.

Informazioni allo 0382 984707

Museo per la Storia dell’Università
Strada Nuova, 65
27100 Pavia

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