Martedì 17 dicembre 2019, alle ore 17.00, presso il Salone Teresiano della Biblioteca Universitaria di Pavia (Corso Strada Nuova, 65), verrà presentato il libro La colonna spezzata. Il testo è curato, e sarà presentato, dal professor Giulio Guderzo, con  Piero Ricci e Giuseppe Zucca. Modera Pierangelo Lombardi.

Si tratta della prima traduzione italiana di un testo inglese edito nel 1966 fondato sui ricordi di un protagonista delle vicende narrate, James Frederick Wilde, marinaio inglese fortunosamente fuggito nel ’43, alla periferia di Voghera, dal treno che lo portava a un campo di prigionia in Germania e in seguito approdato al ‘mondo partigiano’ tra Staffora e Curone .

Il libro viene pubblicato con uno scopo puramente filantropico. Gli introiti vendita saranno devoluti al Centro Paolo VI onlus di Casalnoceto, centro di riabilitazione per bambini ed adolescenti affetti da patologie di tipo autistico.

 “Con questo titolo singolare, venne pubblicato nel ‘66, a Londra, un libro che raccontava le avventure vissute tra i partigiani del nostro Oltrepò da un marinaio inglese, fuggito alla periferia di Voghera dal treno che lo stava portando, insieme ad altri prigionieri di guerra, verso un campo di concentramento tedesco.

Oltre Manica, il libro, firmato da due giornalisti che l’avevano, al riguardo, intervistato, ebbe successo, tanto da meritare una seconda edizione, mentre in Italia venne pressoché ignorato. Il che si può, almeno inizialmente, imputare alla situazione della ricerca storica, che tra noi, sul movimento partigiano, in quegli stessi anni, muoveva appena i primi passi.

La Storia della Resistenza in Provincia di Pavia, promossa dall’Amministrazione provinciale a seguito di un concorso e pubblicata nel ’59, era poco più che un abbozzo, quantunque meritorio, di una vicenda che, in seguito, avrebbe impegnato una schiera di protagonisti e studiosi. Né la situazione risultava molto diversa nelle aree contermini, che pure avevano rappresentato (si pensi anche solo al retroterra di Genova) realtà fondamentali nella storia della Resistenza italiana.

L’anno di edizione di quella che a buon diritto può venire considerata la prima seria storia del movimento partigiano nella zona – Guerra partigiana tra Genova e il Po, firmata da Giampaolo Pansa – è del ’67, ossia di un anno posteriore alla Colonna spezzata. E l’Istituto pavese per la Storia della Resistenza, promosso già nel ’56 da Parri e animato da una schiera di antifascisti e comandanti partigiani di Pavia e provincia, solo dagli anni Sessanta si sarebbe avviato ad essere quel centro di ricerca, strettamente collegato all’Università, che ne avrebbe poi caratterizzato attività e funzioni.

Proprio l’indirizzo ‘scientifico’ assunto dall’Istituto pavese doveva, poi, d’altronde, inevitabilmente emarginare ricostruzioni del Movimento partigiano come quella dei due autori inglesi. Che, tanto bravi narratori quanto poco attenti a precisare episodi e figure, li avevano raccontati avendo di mira più l’effetto che non la realtà storica. Nel che, probabilmente, doveva averli – e non poco – agevolati la stessa memoria del protagonista, richiesto tanto tempo dopo (ben vent’anni) di ricordare un tempo tutto sommato assai breve. Sicché le supposizioni, i ‘completamenti’, le vere e proprie invenzioni poste in atto dagli intervistatori per ‘arricchirlo’ potevano essergli sembrate, se non ‘vere’, verosimili. Non era d’altronde – si badi – molto diverso, nei confronti della Resistenza e del modo di raccontarla, l’atteggiamento (scanzonato) di un altro (eccellente) giornalista – Italo Pietra – figura centrale dello stesso nostro ‘movimento’.

Non sempre ‘storicamente’ attendibile nel precisare episodi e figure centrali dello scontro in atto, la ricostruzione dei due giornalisti pare, viceversa, allo storico, tanto più felice nella descrizione di ambienti e figure apparentemente ‘minori’, restituendoci quadri di ‘vita vissuta’ del tempo – tra Medassino, Voghera, Pozzol Groppo, Mossago e così via – decisamente familiari a chi, per il cosiddetto privilegio dell’età, ha potuto conoscerlo e apprezzarne difficoltà e valori. Si tratta di un Oltrepò apparentemente ‘minore’, vissuto, peraltro, e apprezzato dal protagonista. Il quale, come lui stesso racconterà, vi si era immerso a tal punto da riprender poi a fatica gli originari panni inglesi quando, a guerra finita, tornerà a casa.

Quei quadri di vita reale cittadina e rurale dell’Oltrepò a mezzo degli anni Quaranta, rimasti impressi nella memoria del protagonista e ripresi nella loro ricostruzione dai due intervistatori, già di per sé avrebbero meritato la traduzione e la stampa del testo. Cui però, coi tempi che corrono, e non da ora, finanziariamente poco felici, non si sarebbe certo dato mano ove non fosse intervenuto un energico innamorato della storia – maggiore ma anche minore – e dell’Oltrepò, Piero Ricci, con l’idea di ‘far qualcosa di buono’, sia per la ‘nostra’ memoria storica, sia per l’ente benefico cui verranno devoluti tutti i ricavi della vendita, assumendosi in proprio l’intero costo dell’operazione. A Ricci mi è pertanto caro dir qui pubblicamente grazie a nome non solo mio ma pure dell’Istituto pavese, sessantenne un tantino acciaccato ma sempre vivo”.

                                                                                                     Giulio Guderzo

Locandina