Pubblicato sulla rivista Journal of Applied Ecology il primo studio a larga scala sulla navigazione da diporto come vettore di diffusione in Mediterraneo di specie non-native, che ‘inquinano’ il Mare Nostrum, innescando processi di competizione con la fauna nativa.

L’articolo “Alien species spreading via biofouling on recreational vessels in the Mediterranean Sea” (https://besjournals.onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1111/1365-2664.13502) è stato realizzato nell’ambito di un dottorato internazionale MARES (Marine Ecosystem Health & Conservation), dalla dottoressa Aylin Ulman, sotto la supervisione di Agnese Marchini e Anna Occhipinti del Dipartimento di Scienze della Terra e dell’Ambiente dell’Università di Pavia. Al lavoro hanno partecipato inoltre Jasmine Ferrario, assegnista dello stesso Dipartimento; Aitor Forcada dell’Università di Alicante (Spagna); Hanno Seebens del Centro Senckenberg per la ricerca sulla Biodiversità e il Clima (Germania) e Christos Arvanitidis del Centro Ellenico per la Ricerca Marina (Grecia).

Per realizzare questo lavoro, la dottoressa Ulman ha visitato svariate marine turistiche del Mediterraneo, dalla Francia a Cipro, concentrandosi sulle imbarcazioni da diporto ormeggiate nelle marine stesse. In particolare, la dottoressa Ulman è andata a esplorare la parte sommersa di yacht e barche a vela, misurando il livello di copertura della loro chiglia da parte di organismi viventi, raccogliendo campioni biologici, e intervistando i loro proprietari riguardo le abitudini di viaggio e di manutenzione dell’imbarcazione.

Nel corso di due stagioni estive (2015 e 2016), la dottoressa Ulman è riuscita a ispezionare circa 600 imbarcazioni, contribuendo così a creare il più ampio dataset sulla navigazione ricreativa mai realizzato in Mediterraneo. Le successive analisi dei campioni biologici, nonché delle interviste raccolte sul campo, hanno prodotto dei risultati interessanti, e in alcuni casi decisamente sorprendenti:

  • le imbarcazioni da diporto che solcano il Mediterraneo sono molto attive: in un anno, viaggiano in media 67 giorni e visitano 7,5 marine turistiche;
  • la maggior parte delle imbarcazioni (oltre il 70% di quelle ispezionate) porta sulla chiglia almeno una specie non-nativa del Mediterraneo, in alcuni casi, fino a 11 specie esotiche;
  • specie non-native si rinvengono anche su imbarcazioni recentemente sottoposte a operazioni di pulizia, il che dimostra l’inefficacia delle attuali procedure per rimuovere gli organismi incrostanti le chiglie.

Questi risultati confermano come la navigazione da diporto rappresenti in Mediterraneo un potente vettore di introduzione e diffusione di specie non-native e richiamano l’attenzione sulla urgente necessità di trovare strategie alternative per garantire che le imbarcazioni private si muovano senza trasferire inconsapevolmente organismi viventi potenzialmente pericolosi per la biodiversità nativa.