Il 12 novembre 2018 è stato pubblicato sulla rivista Nature Communications* l’articolo “Human adipose glycerol flux is regulated by a pH gate in AQP10” sul meccanismo molecolare di modulazione della acquagliceroporina-10 nel tessuto adiposo umano, a cui ha significativamente contribuito il Prof. Umberto Laforenza del Dipartimento di Medicina Molecolare dell’Università di Pavia.

Condotto da un team internazionale di ricercatori di 7 diversi centri di ricerca dislocati in 4 differenti Paesi europei (Danimarca, Portogallo Italia e Svezia), lo studio è stato coordinato dai Proff. Per Amstrup Pedersen e Pontus Gourdon dell’Università di Copenhagen (Danimarca). Fondamentale per la caratterizzazione funzionale nell’uomo è stato il contributo del Prof. Umberto Laforenza, Professore Associato di Fisiologia del Dipartimento di Medicina Molecolare del nostro Ateneo.

Lo studio si è basato sull’analisi strutturale e funzionale della acquagliceroporina-10 (AQP10) la cui espressione nel tessuto adiposo umano era stata dimostrata per la prima volta dal Prof. Laforenza e dal suo gruppo. I risultati della ricerca pubblicata su Nature Communications dimostrano che negli adipociti umani l’abbassamento del pH causato dalla liberazione degli acidi grassi durante la lipolisi determina l’aumento del rilascio di glicerolo dalle cellule attraverso la stimolazione di AQP10.

L’analisi strutturale dopo cristallizzazione della AQP10 ha svelato che le basi molecolari per la modulazione del pH sono: un filtro di selettività eccezionalmente ampio (ar / R), la presenza di un cancello citoplasmatico di attivazione con caratteristiche uniche e l’esistenza di un sensore di pH costituito da His80. Le simulazioni di dinamica molecolare hanno indicato che l’apertura del cancello si ottiene a pH acido per doppia protonazione del residuo His80.

Questi risultati dimostrano l’importanza della regolazione dell’acquagliceroporina-10 nel controllo della massa grassa corporea: l’attivazione del cancello citoplasmatico che media la secrezione del glicerolo potrebbe essere il bersaglio del futuro trattamento dell’obesità e delle sue complicanze metaboliche.

*(9(1):4749. doi: 10.1038/s41467-018-07176-z.)

Per visionare l’articolo: https://www.nature.com/articles/s41467-018-07176-z