A conclusione del programma 2016-17 del ciclo “I Giovedì del Collegio Cairoli”, il giorno 4 maggio 2017, alle ore 18.00, nell’Aula Magna del Collegio (Piazza Cairoli, 1), il Prof. Federico Quaini (Associato di Oncologia Medica dell’Univ. Di Parma) e il Prof. Ezio Musso (già Ordinario di Fisiologia dell’Univ. Di Parma) terranno una conferenza congiunta dal titolo “Infarto del miocardio, cellule staminali e rigenerazione del cuore”.
Presentatore e coordinatore dell’incontro sarà il cardiologo Prof. Giuseppe Specchia (Univ. di Pavia).
Biologia e Applicabilità Clinica delle Cellule Staminali nell’Infarto Miocardico
Prof. Federico Quaini
Il bilancio tra morte e crescita cellulare rappresenta il meccanismo principale alla base dell’invecchiamento del cuore e dell’inizio e sviluppo delle cardiopatie. L’invecchiamento e le malattie cardiovascolari sono i maggiori fattori di rischio di mortalità nei paesi occidentali. La perdita di cellule muscolari con l’età e/o l’infarto determina un sovraccarico di lavoro sulle rimanenti cellule che può essere corretto solo ripopolando il cuore con nuovi elementi contrattili. Il cuore umano è capace di generare nuove cellule, in quanto dotato di cellule staminali racchiuse in nicchie dove sono protette dai continui insulti tessutali per poter svolgere la loro funzione principale e unica di autorinnovarsi. Tuttavia, la loro capacità rigenerativa non è sufficiente a ripristinare l’integrità strutturale e funzionale cardiaca a seguito di danno ischemico.
L’avvento delle cellule staminali in campo cardiologico impone di affrontare lo studio delle cardiopatie e la ricerca di nuove strategie terapeutiche attraverso la comprensione dei meccanismi rigenerativi. Le recenti osservazioni pubblicate da diversi gruppi di ricerca, incluso il nostro, hanno dato un contributo importante all’individuazione dei possibili approcci di terapia cellulare atti a rigenerare il cuore infartuato. In campo sperimentale e clinico sono state impiegate cellule staminali ottenute dal muscolo scheletrico, dal midollo osseo, dal cuore e dal tessuto adiposo. Sono state proposte e testate sperimentalmente anche in campo cardiologico nuove tecnologie che permettono di riprogrammare una cellula adulta verso un fenotipo embrionale. A tutt’oggi non esistono dati sul confronto tra le diverse modalità di trattamento dell’infarto miocardico al fine di promuovere processi di rigenerazione cellulare a scopo riparativo. Inoltre, nonostante l’intenso lavoro svolto da numerosi gruppi di ricerca, la forma più appropriata di terapia cellulare per la riparazione di un danno miocardico resta ancora da stabilire e la domanda fondamentale di quale sia la cellula o la modalità migliore per raggiungere questo scopo è ancora senza risposta. Ci sono tuttavia forti indicazioni per ritenere che la via preferenziale debba essere rivolta alla cellula progenitrice cardiaca che possa essere indotta a migrare verso le zone miocardiche destinate a essere riparate, da opportuni segnali che siano anche in grado di determinarne la proliferazione e l’appropriata differenziazione. Ci si deve, infatti, attendere che cellule con queste caratteristiche siano più efficienti rispetto ad altre nel promuovere la rigenerazione miocardica, essendo programmate a costituire specifiche strutture cardiache. Inoltre, la reazione di crescita di queste cellule dovrebbe essere immediata consentendo una pronta risposta al trattamento e quindi un pronto ripristino della massa e della funzione cardiaca. Infine la dibattuta questione della transdifferenziazione di cellule ottenute da altri tessuti sarebbe evitata così come la necessità di controllare eventuali processi di rigetto che costituiscono notevoli limiti quando si fa ricorso a una terapia cellulare eterologa.
Alla luce di queste considerazioni, per una cura dell’infarto miocardico mediante cellule staminali anche nel lungo termine sembra intuitivamente molto indicato valutare primariamente la potenzialità delle cellule staminali residenti nel cuore facendo ricorso a procedure che prevedano una mobilizzazione delle cellule verso la regione miocardica lesa e/o, dopo opportuno isolamento e preparazione di cellule autologhe e/o singeniche, una loro iniezione diretta nella stessa regione. Nei cuori rigenerati resterà successivamente da definire quale bilancio si stabilisce tra i processi di morte e di proliferazione cellulare e in quale misura il nuovo miocardio è in grado di acquisire le caratteristiche del tessuto miocardico maturo, in termini di competenza funzionale meccanica ed elettrica a livello di organo, di tessuto e dei singoli miociti.
Rigenerazione Cardiaca e Aritmie
Prof. Ezio Musso
Evidenze sperimentali e cliniche riguardanti gli effetti delle terapie cellulari sul ritmo del cuore sono state descritte solo in tempi relativamente recenti, fornendo importanti, iniziali informazioni sulla complessità dei fattori capaci di alterare l’elettrofisiologia del miocardio rigenerato.
La possibile insorgenza di aritmie o l’esacerbazione di aritmie preesistenti nei trattamenti di rimuscolarizzazione del cuore è stata oggetto di costante preoccupazione fin dai primi trial clinici dove il parziale ricupero della funzione meccanica indotto da cellule staminali derivate dai muscoli scheletrici (mioblasti) è stato accompagnato da aritmie ventricolari nella maggior parte dei pazienti, determinando un rapido declino di interesse per queste cellule. Sebbene un’alterazione aritmogenica dell’attività elettrica cardiaca fosse una complicazione molto temuta anche nei successivi trial dove sono state utilizzate cellule staminali derivate dal midollo osseo e dal tessuto adiposo, l’incidenza di aritmie ventricolari è invece rimasta pressappoco invariata. Il contrasto dei dati fra i due gruppi di trial è stato attribuito a differenze nella capacità di impianto delle varie cellule nel cuore ricevente e nel loro processo di differenziamento. I mioblasti, che persistono in larga misura nel luogo di impianto, durante il differenziamento perdono le proteine che assicurano la connessione elettrica con le cellule circostanti, dando luogo a formazioni che ostacolano la propagazione dell’eccitamento nel miocardio rigenerato e costituiscono un substrato per la genesi di aritmie. All’opposto, la persistenza dell’impianto delle cellule derivate dal midollo osseo e dal tessuto adiposo è limitata, comportando quindi il venir meno di un substrato non connesso elettricamente con il tessuto cardiaco ospite come sorgente aritmogenica. L’effetto di queste ultime terapie, di norma senza complicazioni sulla funzione elettrica, è risultato purtroppo modesto su quella meccanica, indirizzando l’interesse di vari gruppi di ricerca verso le cellule staminali derivate dal cuore o riprogrammate in senso cardiogenico le quali, in studi pre-clinici e clinici tuttora in corso, hanno complessivamente mostrato un evidente ricupero della funzione contrattile, con buone connessioni tra cellule e assenza di rischi pro-aritmici,
Le conoscenze correnti indicano pertanto che il ripristino della competenza elettrica (e meccanica) del cuore mediato da cellule staminali è correlato al conseguimento di una fisiologica eterogeneità morfo-funzionale nelle regioni di rigenerazione, con il persistere di tessuto neoformato capace di stabilire appropriate connessioni con i cardiomiociti circostanti. Nuovi studi sono ancora necessari per valutare l’impatto sulla elettrofisiologia cardiaca sia di varie procedure volte a migliorare l’efficacia dei trattamenti cellulari aumentando il potere rigenerativo delle cellule sia dell’utilizzo di biomateriali per prolungare la persistenza del tessuto neoformato nelle regioni di rigenerazione. Altri studi sono richiesti per precisare la propensione in senso pro-aritmico o anti-aritmico delle cellule staminali di grande interesse biologico pluripotenti (embrionali o indotte con procedure di riprogrammazione).