Conoscevamo il giornalista, il saggista, l’opinionista, ma non l’avevamo ancora visto indossare i panni, inediti, di attore teatrale. Ed eccolo interpretare sé stesso: il Severgnini pensiero nello spettacolo “La vita è viaggio”, in cartellone al Teatro Fraschini di Pavia, tracima mentre la storia si dipana. Poco per volta anche noi ci ritroviamo lì, accanto a Lui in quella sala d’attesa d’aeroporto.
I voli sono bloccati e bisogna ingannare il tempo, così Marta (l’attrice Marta Isabella Rizi), sua fortuita compagna in questo imprevisto, comincia, dapprima un po’ recalcitrante, a dialogare. A tratti solidarizziamo con Lei: a chi di noi non è mai capitato di voler salvaguardare la propria privacy mentre qualcuno ci cinge d’assedio?
Poi il susseguirsi incalzante delle battute ha il sopravvento, consegniamo le armi e ci lasciamo coinvolgere. Beppe elargisce consigli di viaggio, come allestire il bagaglio, che deve essere sensato e leggero, ma anche la raccomandazione di mantenere vigili i nostri 5 sensi per assaporare appieno la meta quando la raggiungeremo. L’iniziale soliloquio del protagonista si trasforma in un botta & risposta tra Beppe e Marta, accompagnato dalle note e dalla voce della brava Elisabetta Spada, che canta e suona la chitarra. Via via ci si accorge che Marta, in procinto di barattare l’Europa con il Brasile e con essa le velleità di diventare attrice per trasformarsi in barista, è perfettamente in grado di destreggiarsi verbalmente con il mattatore Beppe. Durante la conversazione emergono i gusti degli interlocutori, si spazia dalle letture, citando tra gli altri “L’arte di vivere in difesa” e “Le notti bianche”, alla musica: Dalla, De Gregori, Dylan, fino al cinema con “Lost in traslation”. Confrontando le esperienze Beppe ricorda i luoghi a lui cari, quello natio, Crema, e quello che ha caratterizzato la sua formazione, Pavia con la sua Università, quindi la partenza per Bruxelles a 22 anni, seguita dalle esperienze a Londra e negli States. Marta ironizza sul proprio accento romanesco, mentre si esprime con scioltezza in inglese grazie alla sua permanenza in Inghilterra mentre calcava le scene.
Il filo conduttore, il viaggio, perde la sua connotazione più concreta, l’obiettivo non sembra più quello di raggiungere Boston o Recife, ma quello metaforico di comprendere quando partire e quando invece restare, quando impegnarsi con tutta la resilienza della quale ci sentiamo capaci, specie in un periodo difficile, caratterizzato da decadenza economica e politica. Affiora la Teoria delle 4 T, le quattro doti delle quali disporre per raggiungere i propri obiettivi: talento, tenacia, tempismo e tolleranza, tutte qualità che si sviluppano o si acuiscono in coloro che viaggiano. D’altra parte, caro Severgnini, lo diceva già Sant’Agostino: “il mondo è come un libro chi non viaggia ne legge una sola pagina” e, su questo, credo siamo tutti d’accordo.
Anna Maria Lopez
06/02/2015