L’Italia dei primati non è sempre e soltanto quella dei record negativi. Questa volta è proprio il nostro Paese ad aver fatto un grande passo in avanti per la conservazione dell’Ambiente marino, una delle tematiche più delicate inserite nelle agende internazionali, ponendosi all’avanguardia nella tutela dei mammiferi marini dagli effetti nocivi del rumore durante le prospezioni geofisiche a mare per la ricerca di idrocarburi. A evidenziare l’importante novità è Oceanomare Delphis onlus (www.oceanomaredelphis.org ), organizzazione non-profit dedicata allo studio dei cetacei in Mediterraneo e incaricata dall’Università di Roma ‘La Sapienza’ di effettuare l’attività di monitoraggio dell’impatto sui mammiferi marini dei rumori causati dal cantiere per la rimozione della Costa Concordia, e il Centro Interdisciplinare di Bioacustica e Ricerche Ambientali (CIBRA) dell’Università di Pavia (http://www-3.unipv.it/cibra/ ), struttura di riferimento in Italia per l’acustica marina.
Nelle sedute del 28.11.2014 e del 05.12.2014 della Commissione VIA (Valutazione Impatto Ambientale) del Ministero dell’Ambiente sono infatti stati emanate per la prima volta due determinazioni che rendono obbligatorio, per le compagnie petrolifere, effettuare non solo i monitoraggi dell’impatto dei rumori durante le attività di prospezione geofisica con dispositivi ad aria compressa (AIRGUN), ma anche almeno 60 giorni prima dell’inizio e 60 giorni dopo la fine dei lavori, al fine di conoscere la situazione preesistente (specie che frequentano l’area di indagine e loro abbondanza) e valutare l’impatto che gli AIRGUN hanno avuto sulle specie di mammiferi marini presenti nella zona. Le attività di monitoraggio ante, corso e post operam si dovranno avvalere di personale tecnico altamente selezionato e specializzato, in possesso di qualificazioni MMO (Marine Mammal Observer) e PAM (Passive Acoustic Monitoring).
Questo importante e innovativo traguardo è stato raggiunto grazie all’impegno del Gabinetto del Ministro dell’Ambiente e di Siro Corezzi, membro della Commissione VIA, e al supporto tecnico-scientifico fornito da Oceanomare Delphis e dal CIBRA.
In attesa dei Decreti del Ministro Galletti, è importante ricordare che le prospezioni geofisiche sono incluse fra le attività antropiche a potenziale rischio acustico in quanto responsabili dell’introduzione di rumore in ambiente marino, notoriamente esente da frastuoni esterni. Il concetto di inquinamento acustico, che fino a pochi anni fa era riservato esclusivamente all’ambiente subaereo, è stato esteso all’ambiente acquatico quando si è giunti alla certezza che alcuni suoni antropogenici (ovvero derivati dalle attività umane e quindi in contrasto con l’ambiente naturale che ne sarebbe normalmente privo) hanno effetti negativi su diversi organismi acquatici ed in particolare sui cetacei, specie che comunicano, navigano, si orientano e individuano le prede grazie al suono. I cetacei che frequentano i nostri mari sono inseriti nelle liste rosse dell’IUCN (Unione Internazionale per la Conservazione della Natura) in categorie che evidenziano la necessità di maggiori informazioni e/o di urgenti azioni ai fini della loro conservazione e protezione.
L’esposizione al rumore di origine antropica può generare un’ampia gamma di effetti su questi animali. Un suono di basso livello, ad esempio, per quanto apparentemente trascurabile, può al contrario scatenare reazioni comportamentali che hanno già portato alla morte di interi gruppi di animali. Anche il solo allontanamento da un’area di mare “inquinata acusticamente” può essere per gli animali un evento con gravi conseguenze (mancata riproduzione o alimentazione). Aumentando il livello del suono, gli animali possono essere soggetti a condizioni acustiche capaci di produrre disagio o stress fino ad arrivare al danno acustico vero e proprio con perdita di sensibilità uditiva, temporanea o permanente. L’esposizione ravvicinata a rumori molto forti, come le esplosioni degli AIRGUN, può addirittura produrre danni fisici permanenti ad altri organi oltre a quelli uditivi e può in alcuni casi portare al decesso del soggetto colpito. Questi effetti sono spesso poco o per nulla osservabili in tempo reale. Un esteso monitoraggio dell’area, come quello richiesto dalle nuove disposizioni VIA, costituisce uno strumento più efficace per valutare questo tipo di conseguenze e fornire importanti indicazioni per le future politiche di conservazione.