È quanto emerso da uno studio condotto dalle ricercatrici Chiara Cerami, della Scuola Universitaria Superiore Iuss di Pavia, e Chiara Crespi, dell’Ateneo pavese, che hanno valutato il profilo di fragilità e di vulnerabilità sociale in una popolazione di 1258 Italiani intervistati durante il lockdown (tra il 14 e il 31 marzo scorsi).

“Confrontando i due indici, tenendo conto del genere e delle diverse fasce di età (dai più giovani agli over 65) – si legge in una nota -, è emerso che, mentre la fragilità fisica come prevedibile aumenta linearmente con l’età ed è maggiore nelle donne che nei maschi, gli individui più giovani e gli anziani presentano una maggiore vulnerabilità sociale rispetto alla fascia di individui di mezza età. Inoltre gli uomini sono più vulnerabili rispetto alle donne. Sia la fragilità fisica che la vulnerabilità sociale contribuiscono a spiegare la percezione individuale dell’impatto dell’emergenza Covid-19 sulla salute, che è diversamente modulata da atteggiamenti e comportamenti proattivi e dall’isolamento sociale”.

“L’isolamento sociale e la solitudine percepita in seguito all’epidemia di Covid-19 sono in grado di esercitare effetti psicosociali drammatici nella popolazione generale – sottolineano le ricercatrici di Iuss e Università di Pavia -. Al pari della fragilità fisica correlata all’età e/o alla presenza di patologie pregresse, la vulnerabilità psicosociale rappresenta un fattore di rischio in grado di determinare, in caso di infezione, un esito più grave, interagendo anche sull’efficienza del sistema immunitario. L’individuazione precoce di categorie vulnerabili, a rischio di ammalarsi e di sviluppare cambiamenti duraturi dello stato di salute, rappresenta una sfida per i prossimi mesi al fine di prevenire le conseguenze sul benessere generale, destinando risorse a interventi mirati di gestione del disagio psicosociale e aumentando la resilienza di giovani adulti e anziani nei confronti della crisi post Covid-19”.

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