La scoperta è frutto di una collaborazione tra gruppi di ricerca dell’Università di Pavia e dell’Optoelectronics Research Centre della University of Southampton.

Negli ultimi anni la sempre più capillare diffusione di dispositivi mobili, di servizi “cloud”, di servizi streaming ad alta definizione e dell’IoT (“internet of things”) sta producendo un aumento significativo dei volumi di traffico sulla rete Internet, causando una rivoluzione nel mondo delle telecomunicazioni a banda larga. Per soddisfare le attuali e future richieste di capacità di trasmissione le reti fotoniche appaiono come la soluzione più promettente e sono destinate a svolgere un ruolo fondamentale anche nelle comnunicazioni su breve distanza, e non solo per quelle a lunga distanza dove già sono la piattaforma di riferimento. Una tecnologia su cui si stanno concentrando sempre più sforzi e investimenti, sia da parte del mondo accademico che di quello industriale (con aziende come Intel, Cisco, ST Microelectronics Nokia, Microsoft, Facebook eHuawei), è la cosiddetta Silicon Photonics” (Fotonica del Silicio).

L’idea di base è quella di realizzare micro-chip integrati in silicio che oltre a gestire i classici segnali elettronici, costituiti da elettroni che si muovono all’interno di materiali conduttori, riescano anche a processare e utilizzare segnali ottici costituiti da pacchetti di fotoni confinati all’interno di “guide ottiche” sub-micrometriche. Riuscire a realizzare i componenti ottici necessari utilizzando i collaudati processi dell’industria microelettronica renderebbe infatti possibile fabbricare dispositivi ottici ad alte prestazioni in grandissimi volumi di produzione e a basso costo. Uno dei principali problemi della Silicon Photonics è la bassa efficienza di connessione tra i micro-chip ottici e le fibre ottiche utilizzate nei sistemi di telecomunicazione. Nonostante le ridotte dimensioni delle fibre ottiche, circa dello spessore di un capello, per riuscire a trasportare la luce all’interno dei microchip ottici è necessario infatti concentrare il flusso di fotoni su una superficie oltre 700 volte più piccola, limitandone al massimo la perdita. Indicativamente questo equivale a tentare di versare acqua da una bottiglia all’interno di un classico ago da siringa.

Una delle possibili strategie che consente di realizzare questa funzione è basata sulla realizzazione di “reticoli di accoppiamento” (in inglese “grating couplers”), che grazie a una opportuna corrugazione sub-micrometrica della superficie del chip permettono di re-indirizzare i fotoni dalla fibra ottica al micro-chip e viceversa. Tuttavia queste strutture mostrano tipicamente delle perdite di fotoni (e quindi di potenza ottica) spesso vicine al 40%, che ne limitano fortemente l’utilizzo. Lo studio* realizzato da un gruppo di ricercatori, in larga parte italiani, e recentemente pubblicato sulla rivista Scientific Reports (di Nature Research), segna un importante miglioramento nella progettazione di questi componenti. L’idea alla base del lavoro consiste nella realizzazione di una corrugazione non-periodica, le cui dimensioni variano tra i 60 ed i 400 nm (1 nm = 1 milionesimo di millimetro) seguendo la così detta equazione di Bragg. In questo modo le perdite di fotoni vengono ridotte a meno del 20% senza dover ricorrere a strutture che siano incompatibili con le tecniche standard CMOS utilizzate in microelettronica, definendo così un nuovo valore di riferimento nello sviluppo di interfacce tra fibre e micro-chip ottici, permettendo lo sviluppo e la diffusione di nuovi prodotti e servizi per le future reti a banda larga.

La collaborazione tra i due atenei è stata resa possibile anche grazie al Bando Mobilità per dottorandi della Università degli Studi di Pavia, che ha permesso a Riccardo Marchetti (primo autore dell’articolo) di trascorrere sei mesi a Southampton per svolgere le ricerche necessarie sotto la guida di Cosimo Lacava e Periklis Petropoulos.

*“High-efficiency grating-couplers: demonstration of a new design strategy”
Riccardo Marchetti1, Cosimo Lacava2,*, Ali Khokhar2, Xia Chen2, Ilaria Cristiani1, David J. Richardson2, Graham T. Reed2, Periklis Petropoulos2, Paolo Minzioni1

  1. University of Pavia, Department of Electrical Engineering and Computer Science, Pavia, Italy
  2. University of Southampton, Optoelectronics Research Centre, SO17 1BJ, Southampton, United Kingdom

DOI: 10.1038/s41598-017-16505-z (2017).

Disponibile all’indirizzo  www.nature.com/articles/s41598-017-16505-z

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