In un articolo appena pubblicato sul numero di febbraio della prestigiosa rivista scientifica «International Journal of Molecular Sciences», ricercatori dell’Università di Pavia in collaborazione con il Dipartimento di Malattie Croniche, Metabolismo e Invecchiamento di Leuven in Belgio, il CNR di Milano, il Dipartimento di Fisiologia e Biofisica della Weill Cornell Medicine di New York, l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma e il Policlinico San Matteo di Pavia, hanno per la prima volta descritto a livello molecolare l’effetto delle esorfine del glutine in cellule umane linfocitarie normali e in cellule linfoblastoidi e derivanti da adenocarcinoma colorettale, evidenziando nelle cellule tumorali un effetto proliferativo.

L’articolo, intitolato “Gluten Exorphins Promote Cell Proliferation through the Activation of Mitogenic and Pro-Survival Pathways”, è il risultato di un lavoro sperimentale durato alcuni anni all’interno del programma di finanziamento della Associazione Italiana Celiachia (AIC) (Grant FC 001/2018), dal titolo “Molecular and cellular effects of gluten-exorphins on tumorigenesis: an in vitro pilot study”.

È ormai largamente conosciuto il fatto che la malattia celiaca è un’enteropatia auto–infiammatoria permanente, con tratti di auto-immunità, scatenata dall’ingestione di glutine in soggetti geneticamente predisposti. Il glutine è la frazione proteica alcol–solubile di grano, orzo e segale. Questo complesso proteico, che quindi si trova principalmente in alimenti a base di frumento come pane, pasta, pizza, biscotti e snack dolci e salati, causa una risposta infiammatoria abnorme a livello dell’intestino tenue nei soggetti celiaci. A sua volta, la risposta immunitaria genera un’infiammazione cronica che danneggia i tessuti dell’intestino e porta alla perdita dei villi intestinali, fondamentali per l’assorbimento dei nutrienti. Un celiaco quindi, oltre al danno diretto, subisce un consistente danno indiretto perché non è in grado di assorbire sostanze nutritive e quindi rischia la malnutrizione.

Se non è diagnosticata tempestivamente e trattata in modo adeguato, la celiachia può avere conseguenze importanti, anche irreversibili, accompagnata non di rado a gravi comorbidità oncologiche al livello dell’apparato digerente. A livello intestinale, in condizioni fisiologiche, il glutine viene a sua volta digerito enzimaticamente producendo le cosiddette “esorfine del glutine”, piccoli peptidi che posso essere rilasciati nel circolo sanguigno e legarsi ai recettore per gli oppioidi, portando alla loro attivazione.

“Con questo lavoro multidisciplinare – afferma il Dr. Federico Manai, Assegnista presso il Dipartimento di Biologia e Biotecnologie dell’Università di Pavia e principale autore dello studio – abbiamo evidenziato un effetto inatteso delle esorfine del glutine nel promuovere eventi proliferativi a carico di cellule tumorali, attraverso l’attivazione di specifici pathways molecolari e alterazioni nelle fasi del ciclo cellulare, ricostruendo inoltre un modello di interazione molecolare tra le esorfine del glutine e il recettore delta degli oppioidi”.

 

Il Prof. Sergio Comincini, responsabile del laboratorio di Oncogenomica Funzionale nello stesso Dipartimento, dove si è svolta gran parte della ricerca, afferma che “In base ai risultati prodotti, si potrebbe ipotizzare un effetto diretto di questi sottoprodotti della digestione del glutine nel promuovere o ulteriormente favorire quelle comorbidità tumorali spesso associate alla malattia celiaca, aggravandone l’effetto prognostico”.

La ricerca è stata sviluppata grazie alle infrastrutture di ricerca del finanziamento MIUR Dipartimento di Eccellenza 2018-2022 (Dipartimento di Biologia e Biotecnologie, Università di Pavia)

Articolo Open Source: doi.org/10.3390/ijms24043912

[Figure: Computational models of GEs-DOR interactions. (A) Representative complexes of Leu-Enk-DOR, B5-DOR and A4-DOR extracted from simulations, showing the main contact points between peptide ligands and the receptor. (B) Superposition of agonist-bound crystal structure (6PT2), natrindole-bound crystal structure (4N6H) and representative structure of the Leu-enkephalin simulation, highlighting the micro-switches CWxP and NPxxY and residues 146 and 260 on TM3 and TM6 respectively. Bottom, left: distance histogram showing the distribution of distances between Cα atoms of R146 and T260. Right: Close-up superposition of W274 (toggle switch) and Y318 in the inactive natrindole structure (cyan) and in simulation representative snapshots.]

 

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